Trading di criptovalute: l’Agenzia delle Entrate chiarisce, niente tasse

Scritto da Redazione Online - 25/03/2025 - 8 visualizzazioni
Trading di criptovalute: l’Agenzia delle Entrate chiarisce, niente tasse

Negli ultimi anni, l’interesse delle imprese verso il trading di criptovalute è cresciuto in modo esponenziale. Parallelamente, sono aumentati i dubbi interpretativi in ambito fiscale e contabile, soprattutto in relazione alla corretta determinazione del reddito d’impresa.

In questo contesto si inserisce l’articolo 110, comma 3-bis del TUIR, introdotto con la legge di bilancio 2023, che ha introdotto una disposizione innovativa: la non rilevanza fiscale delle valutazioni di cripto-attività alla chiusura dell’esercizio.

Una norma che ha sollevato dubbi applicativi, specialmente nei casi in cui vi sia una divergenza tra la contabilità civilistica e quella fiscale. La recente risposta dell’Agenzia delle Entrate, contenuta nell’interpello n. 78/2025, chiarisce in modo netto l’orientamento dell’Amministrazione finanziaria e segna un punto fermo per le imprese operanti in questo ambito.

Il caso: cripto-trading e dubbi fiscali

Una banca italiana ha sottoposto all’Agenzia delle Entrate un interpello preventivo in vista dell’avvio, nel 2024, di un’attività di trading proprietario in criptovalute. L’attività consisterà nella compravendita diretta di cripto-attività, in nome e per conto proprio, inizialmente attraverso una piattaforma di negoziazione bilaterale con una società estera specializzata.

Dal punto di vista contabile, l’istituto applica i principi internazionali IAS/IFRS e considera le criptovalute come attività immateriali, ma poiché queste sono detenute a scopo di vendita, si applica lo IAS 2, che consente la valutazione delle rimanenze al fair value netto dei costi di vendita per i broker-traders.

Parallelamente, per esigenze gestionali e di movimentazione interna, la banca adotta un “magazzino contabile” basato sul metodo del costo medio ponderato continuo (CMP), secondo cui ogni acquisto aggiorna il costo medio delle criptovalute possedute, mentre ogni vendita comporta lo scarico del costo medio aggiornato. Questa doppia logica di valutazione – fair value per il bilancio e CMP per la gestione interna – genera inevitabilmente un disallineamento tra il valore civilistico delle rimanenze e quello fiscalmente rilevante.

Da qui sorgono i dubbi sulla corretta applicazione dell’art. 110, comma 3-bis del TUIR: la norma rappresenta una deroga totale alla disciplina fiscale ordinaria sulle rimanenze oppure limita soltanto la rilevanza fiscale degli effetti valutativi legati all’adeguamento al fair value?

La posizione dell’agenzia: deroga piena alla disciplina delle rimanenze

Nel proprio parere, l’Agenzia delle Entrate ha adottato un’impostazione chiara e sistematica: l’art. 110, comma 3-bis del TUIR rappresenta una deroga totale rispetto alla disciplina ordinaria dell’art. 92 del TUIR, che regola le variazioni delle rimanenze ai fini della determinazione del reddito d’impresa.

Questo significa che, per quanto riguarda le criptovalute detenute dalle imprese, non assumono rilevanza fiscale né i componenti positivi né quelli negativi che derivano dalla valutazione di tali asset alla chiusura del periodo d’imposta. In particolare, viene confermata l’irrilevanza fiscale degli scostamenti tra il valore delle rimanenze determinato secondo criteri contabili (come il fair value ai sensi dello IAS 2) e quello gestionale (ad esempio il CMP del magazzino contabile).

L’Agenzia sottolinea che, in presenza di questi disallineamenti, le imprese dovranno effettuare apposite variazioni in dichiarazione – in aumento o in diminuzione – per neutralizzare gli effetti valutativi sul reddito imponibile.

La ratio della norma, evidenziata anche nella relazione illustrativa alla legge di bilancio 2023, è quella di evitare che le oscillazioni di mercato delle cripto-attività influenzino il risultato fiscale, garantendo così maggiore neutralità e coerenza del trattamento tributario rispetto a una classe di asset altamente volatile.

Implicazioni operative e strategiche per le imprese

L’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate ha conseguenze pratiche significative per tutte le imprese che detengono criptovalute, in particolare per quelle che operano nel settore finanziario o del trading. In primo luogo, viene confermata la necessità di gestire un doppio binario contabile-fiscale: da un lato, la valutazione al fair value per il bilancio civilistico, dall’altro, la neutralizzazione degli effetti valutativi ai fini fiscali.

Le variazioni delle rimanenze legate alle fluttuazioni di mercato non incidono sul reddito d’impresa, e il carico fiscale sarà determinato unicamente da componenti realizzati, cioè da cessioni effettive di cripto-attività.

Questa impostazione rafforza il principio di prudenza fiscale e offre un quadro più stabile per le aziende che operano in mercati digitali ad alta volatilità. Allo stesso tempo, richiede un’attenzione particolare nella redazione della dichiarazione dei redditi, dove sarà fondamentale applicare correttamente le variazioni extracontabili. Inoltre, le imprese dovranno rivedere i propri sistemi informativi e gestionali per garantire un corretto allineamento tra scritture contabili, documentazione fiscale e criteri di valorizzazione.

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