Il governo italiano potrebbe rivedere l’incremento dell’aliquota fiscale sulle plusvalenze derivanti dalle criptoattività, previsto nel disegno di legge di bilancio. La proposta originale prevede un aumento dell’imposta sostitutiva dal 26% al 42% per proventi superiori a 2.000 euro.
Tuttavia, sotto la pressione di esponenti della maggioranza, si sta considerando una revisione delle misure per bilanciare le esigenze fiscali con quelle del mercato.
Sommario
Correzioni proposte dalla maggioranza
La Lega propone un incremento più contenuto dell’aliquota, portandola al 28%, mentre Forza Italia spinge per eliminare il limite di esenzione di 2.000 euro senza aumentare il prelievo fiscale. Entrambe le soluzioni mirano a ridurre l’impatto fiscale senza disincentivare l’uso delle criptoattività.
Il dibattito entrerà nel vivo nei prossimi giorni, quando la commissione Bilancio esaminerà emendamenti e riformulazioni.
La posizione dell’opposizione e gli emendamenti di Forza Italia
Le opposizioni chiedono l’eliminazione completa dell’articolo 4 del disegno di legge di bilancio, che include anche l’estensione della web tax alle PMI. In alternativa, propongono anch’esse la cancellazione della soglia di esenzione dei 2.000 euro, ritenuta discriminatoria per i piccoli investitori.
Forza Italia, tramite gli emendamenti presentati da Roberto Pella e Francesco Cannizzaro, suggerisce di abbandonare l’ipotesi di aumentare l’aliquota fiscale al 42%. Al contrario, propone di eliminare il limite di esenzione, chiarendo che le plusvalenze su criptoattività sono tassate al 26%, una percentuale già elevata rispetto allo storico 12,5% applicato fino al 2014.
Questa soluzione potrebbe risultare più equilibrata e favorire una maggiore trasparenza fiscale, semplificando anche l’applicazione delle normative vigenti sulle rendite finanziarie legate alle criptoattività.
I numeri del Fisco: criptoattività e gettito fiscale
Secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’attuale imposta sostitutiva del 26% sulle criptoattività genera un gettito annuo di circa 27 milioni di euro. A contribuire sono principalmente persone fisiche (22.331 contribuenti), con un pagamento medio di 985 euro, mentre 88 società di capitali versano complessivamente 5 milioni di euro, con una media di 57.000 euro ciascuna.
Questi numeri, se confrontati con il valore complessivo delle transazioni in criptovalute, mostrano un potenziale inespresso per le casse dello Stato. Tuttavia, una tassazione eccessiva rischierebbe di spingere i contribuenti verso mercati non regolamentati o fuori dal controllo nazionale.
Il mercato italiano delle criptovalute
I dati più recenti dell’Organismo per gli Agenti e Mediatori fotografano un mercato in forte espansione. Al 30 giugno 2024, in Italia si contano 1,3 milioni di clienti con criptoattività per un valore totale di 2,22 miliardi di euro e una consistenza media di 1.645 euro per investitore.
Nel 2023, le operazioni di conversione da criptovalute a valute legali hanno raggiunto un controvalore di 5,6 miliardi di euro, con un valore medio di conversione di 967 euro. Questo sottolinea la crescente adozione delle criptovalute come strumento finanziario, ma anche la necessità di una regolamentazione fiscale chiara ed equilibrata.
Verso una regolamentazione sostenibile
Le proposte in discussione mirano a trovare un compromesso tra esigenze di bilancio e necessità di sostenere l’innovazione finanziaria. Limitare l’aumento dell’aliquota fiscale o eliminare il limite di esenzione rappresentano due approcci differenti ma complementari, che potrebbero offrire maggiore stabilità al mercato senza penalizzare gli investitori.
La decisione finale della commissione Bilancio sarà cruciale per definire il futuro del settore in Italia, influenzando non solo il gettito fiscale, ma anche la percezione del Paese come un hub innovativo per la finanza digitale.