La produzione industriale italiana conferma un trend negativo ormai consolidato. A febbraio 2025 l’indice destagionalizzato elaborato dall’Istat ha registrato un calo dello 0,9% rispetto a gennaio, e una diminuzione del 2,7% su base annua.
È il venticinquesimo mese consecutivo in cui l’industria segna una contrazione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il dato certifica una crisi ormai strutturale che coinvolge la maggior parte dei comparti produttivi, complice una domanda interna debole, investimenti in rallentamento e uno scenario internazionale ancora instabile.
Energia, alimentari e legno: i pochi settori in crescita
In un quadro generale di debolezza, solo alcuni comparti mostrano segnali positivi. In particolare, il settore dell’energia registra un incremento del 7,6% su base annua, sostenuto dalla fornitura di energia elettrica, gas e vapore (+19,4%).
Segnali di tenuta arrivano anche dalle industrie alimentari, bevande e tabacco (+1,6%) e dal comparto legno, carta e stampa (+3,4%). Si tratta però di eccezioni che non riescono a compensare il crollo generalizzato della manifattura italiana.
Crollo dei beni strumentali e crisi del settore automotive
I dati più preoccupanti riguardano i beni strumentali, in calo del 9,8% su base annua. A soffrire maggiormente è il settore della produzione di macchinari e mezzi di trasporto, con flessioni rispettivamente del 9,5% e del 14%.
Particolarmente critica la situazione del comparto automotive: la produzione di autoveicoli a febbraio ha segnato una contrazione del 33% rispetto al 2024.
Stellantis, in particolare, secondo dati Fim-Cisl, avrebbe perso oltre un terzo dei volumi nel primo trimestre dell’anno, aggravando ulteriormente le difficoltà di un settore già in crisi da tempo.
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Investimenti in frenata e transizione 5.0 in stallo
L’incertezza economica si riflette anche sulla dinamica degli investimenti, tradizionalmente tra i primi a risentire di fasi di instabilità. A complicare la situazione concorrono anche le difficoltà operative legate agli incentivi per la Transizione 5.0: ad oggi sono stati prenotati solo 677 milioni di euro di crediti d’imposta, pari a meno dell’11% delle risorse disponibili.
La scarsa adesione evidenzia i ritardi attuativi e la scarsa fiducia delle imprese in un contesto economico poco favorevole.
Il clima di fiducia, rilevato dall’Istat a marzo, mostra un ulteriore peggioramento sia per i consumatori che per le imprese. L’indice relativo ai consumatori è sceso di 4 punti, raggiungendo il livello più basso da novembre 2023. In particolare, le attese sull’andamento futuro dell’economia italiana risultano in netto calo, con un saldo tra ottimisti e pessimisti in discesa di 15 punti.
Anche le imprese registrano un peggioramento della fiducia, legato soprattutto alle difficoltà della manifattura e dei servizi.
Germania debole, export italiano in difficoltà
Un ulteriore elemento di criticità arriva dalla Germania, principale partner commerciale dell’Italia, che a febbraio ha visto la produzione industriale calare del 4% su base annua. Le stime di crescita per il 2025 appaiono deboli: l’istituto Ifo prevede per Berlino un aumento del Pil di appena lo 0,2%.
Nonostante un parziale recupero della produzione automobilistica tedesca (+5% nei primi tre mesi del 2025), l’export italiano fatica a trovare slancio in un contesto europeo di generale rallentamento.
Sul piano internazionale resta forte l’incognita legata alla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, alimentata dalla politica dei dazi dell’amministrazione Trump. Gli effetti domino su scala globale sono difficili da prevedere, ma iniziano a pesare anche sulle previsioni di crescita dei principali Paesi.
Goldman Sachs ha recentemente rivisto al ribasso le stime di crescita per la Cina, tagliandole di mezzo punto per il 2025, a causa dell’impatto delle tariffe Usa sulle esportazioni cinesi, che ora raggiungono livelli record del 125% per alcuni beni.