Nelle ultime ore, le Autorità di Vigilanza europee e italiane spingono per una maggiore attenzione e prudenza per il fenomeno dell’elevata inflazione, per la crescita dei rischi di credito delle banche e, in più in generale, per la stabilità finanziaria.
Nonostante l’incremento positivo dello 0,5% del Pil in Italia registrato negli ultimi mesi, non bisogna illudersi che ciò possa accadere anche nell’immediato futuro; questa crescita, infatti, è dovuta soprattutto alla ripresa del turismo, specialmente dopo gli anni segnati dalla pandemia che hanno creato un grave danno per questo settore.
La Nadef, ovvero la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, da poco approvata dall’attuale governo, conta che per il 2023 ci sarà un incremento del Pil annuo che non supererà lo 0,3%.
I tassi di interesse, recentemente rialzati dalla Banca Centrale Europea, ma comunque più limitati rispetto a quelli di altri paesi, favoriscono una lenta ripresa dei ricavi e dei redditi delle banche; allo stesso tempo, però, ciò rappresenta un fattore negativo per i titoli detenuti da questi istituti e un rischio per le imprese che si sono affidate ai prestiti.
Cosa si rischia e quali misure si devono adottare
Come accennato, nonostante il Pil che tra il 2021 e 2022 ha evitato le crisi delle imprese con relativi deterioramenti dei crediti bancari, i sempre crescenti costi dell’energia rischiano di risultare gravosi specialmente per le banche.
Stando alle nuove normative, inoltre, ci sarà un ulteriore rischio per questi istituti in quanto verranno appesantiti ulteriormente i requisiti di capitale che dovranno garantire.
Le banche, pertanto, dovranno affrontare un periodo particolarmente difficile, anche stando alle prospettive degli istituti europei che, secondo Moody’s, ha cambiato la valutazione delle banche italiane e di altri cinque paesi da stabile a negativo. I deterioramenti, dunque, saranno incentrati sulle condizioni operative, sulla qualità dei credito e sull’accesso ai finanziamenti erogati dalle banche.
Quest’ultime, dunque, sono chiamate a una maggiore prudenza che contribuisca alla ripresa dell’economia e dell’occupazione, evitando il più possibile che vengano a crearsi le basi per vere e proprie crisi bancarie e di impresa.
In aggiunta a queste prospettive, nel 2023 è prevista anche una serie cospicua di oneri per quelle manovre destinate ai salvataggi bancari del 2015.
Tutto ciò, quindi, ha palesemente dimostrato quanto sia ormai labile la capacità di erogare un credito bancario alle imprese e alle famiglie e come questo fenomeno sia legato a fattori esterni, alla solidità patrimoniale delle imprese bancarie e alla loro abilità di creare profitti e attirare investitori.
L’Italia, in questa prospettiva, necessita urgentemente dei nuovi aiuti di Stato per le imprese, ovvero di tutte quelle misure permesse dall’Unione Europea fino a fine 2023 per far fronte all’emergenza energetica.
In particolare, si parla della possibilità per le imprese di accedere a nuovi prestiti garantiti dallo Stato.
Altri sforzi, inoltre, sono necessari per convincere le Istituzioni europee che le imprese hanno bisogno di più tempo per restituire i debiti accumulati, permettendo di poter autorizzare le banche a concedere ulteriori moratorie e ristrutturazioni dei crediti.
Ciò di cui hanno bisogno le banche, in questo periodo storico così delicato, è soprattutto di una stabilità delle normative europee e nazionali, al fine di accrescere quella certezza del diritto e mettere in atto delle misure concrete per far fronte alle tante sfide portate avanti da questa grave crisi; ciò permetterà di sostenere la ripresa dello sviluppo e dell’occupazione dell’intera nazione.