L’oro torna protagonista assoluto sui mercati internazionali, segnando un nuovo massimo storico nelle contrattazioni asiatiche. La quotazione del metallo prezioso con consegna a giugno sul Comex ha toccato quota 3.507,20 dollari l’oncia, con un incremento del 2,39% rispetto alla seduta precedente.
Parallelamente, l’oro con consegna immediata è stato scambiato a 3.485,24 dollari, con un’impennata eccezionale del 179% dopo aver toccato i 3.495 dollari. Il rally dell’oro riflette l’acuirsi delle tensioni geopolitiche globali e una crescente incertezza sull’andamento economico mondiale, in un contesto segnato dalla persistente debolezza del dollaro e dal riaccendersi del conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina.
Storicamente riconosciuto come bene rifugio nei periodi di instabilità, il metallo giallo ha superato con decisione la soglia psicologica dei 3.400 dollari l’oncia, confermando la forte domanda degli investitori in cerca di protezione.
Una corsa senza precedenti: +28% da gennaio e +42% in un anno
Il record odierno non è un evento isolato, ma l’apice di un’ascesa vertiginosa che ha sorpreso anche gli osservatori più esperti. Il prezzo dell’oro ha registrato un incremento di oltre il 28% da inizio anno, quando, il 3 gennaio, si attestava intorno ai 2.658 dollari l’oncia, poco prima dell’insediamento della nuova amministrazione statunitense guidata da Donald Trump.
La velocità con cui sono stati frantumati nuovi massimi nelle ultime settimane rivela un profondo mutamento degli equilibri finanziari globali. In soli 30 giorni, il metallo prezioso ha guadagnato il 10,17%, mentre il rialzo su base annua supera il 42%, numeri che ricordano le performance dei titoli tecnologici legati all’intelligenza artificiale nei tempi d’oro della Silicon Valley.
Tuttavia, a differenza dell’oro, quei titoli oggi arrancano: il Nasdaq ha perso oltre il 15% da inizio 2025, segnalando una marcata rotazione degli investimenti verso asset percepiti come più sicuri.
Il declino del dollaro alimenta la corsa all’oro
Alla base della straordinaria ascesa dell’oro c’è anche un’altra dinamica strutturale: il crollo del dollaro statunitense. Dall’insediamento della nuova amministrazione Trump, la valuta americana ha perso circa il 10% del suo valore contro l’euro, passando da 1,03 a 1,1525 nel giro di appena tre mesi.
La seduta odierna ha visto un ulteriore tonfo dell’1,18%, un movimento di portata significativa per il mercato valutario, solitamente meno soggetto a oscillazioni repentine. Le cause? Le dichiarazioni aggressive in tema di dazi, le politiche economiche protezionistiche e un clima di incertezza crescente sulle reali intenzioni della Casa Bianca in materia di bilancio e rapporti commerciali.
Di fronte a questa debolezza strutturale del biglietto verde, l’oro sta tornando a svolgere il suo ruolo tradizionale di ancora di stabilità, soprattutto in un contesto segnato da forti tensioni geopolitiche e da una fiducia in calo nelle principali valute fiat.
Fed sotto attacco: la credibilità del sistema monetario in discussione
A compromettere ulteriormente la fiducia nel dollaro è stata anche la frattura istituzionale tra la Casa Bianca e la Federal Reserve. L’amministrazione Trump ha più volte criticato apertamente il presidente della Fed, Jerome Powell, arrivando persino a chiederne le dimissioni.
Questa ingerenza senza precedenti nella politica monetaria da parte dell’esecutivo ha sollevato gravi interrogativi sulla tenuta democratica degli equilibri economici degli Stati Uniti. Secondo numerosi economisti, il valore del dollaro – già indebolito da dinamiche macroeconomiche – risente anche della crescente percezione di instabilità interna.
In questo scenario, l’oro emerge non solo come bene rifugio, ma anche come alternativa strutturale per gli investitori istituzionali e le banche centrali, che sembrano guardare sempre più al metallo prezioso come a un possibile punto di riferimento in un futuro sistema monetario multipolare.
Investitori in fuga verso l’oro: afflussi record nei fondi specializzati
L’oro sta beneficiando non solo della fuga dal dollaro e delle tensioni geopolitiche, ma anche di un forte interesse da parte degli investitori privati e istituzionali. Secondo i dati forniti da Amundi, la principale società di gestione del risparmio in Europa, nel mese di marzo 2025 si sono registrati afflussi per 764 milioni di euro verso strategie basate sull’oro.
Il primo trimestre dell’anno ha visto un totale di 3,8 miliardi di euro confluiti in questa asset class, segnando il miglior risultato trimestrale dal secondo trimestre del 2022, quando si toccarono i 6,5 miliardi. Questo ritorno massiccio di capitali evidenzia come l’oro sia tornato a occupare un ruolo centrale nei portafogli degli investitori, spinti dall’incertezza politica e dalla volatilità dei mercati finanziari globali.
L’oro, dunque, non è più solo un rifugio temporaneo, ma una componente strategica nella costruzione di portafogli resilienti.
L’oro torna al centro del sistema: prospettive e implicazioni globali
Il rally dell’oro non è solo una reazione tattica a eventi contingenti, ma potrebbe segnare l’inizio di una transizione sistemica nei mercati globali. L’instabilità valutaria, le fratture geopolitiche e la crisi di credibilità delle istituzioni monetarie spingono investitori e governi a rivalutare il ruolo dell’oro come riserva di valore, potenzialmente anche come pilastro di un nuovo ordine finanziario multipolare.
In questo contesto, le banche centrali continuano ad accumulare oro nei propri bilanci, consolidando un trend che potrebbe trasformarsi in una vera e propria “remonetizzazione” del metallo giallo.
Se confermato, questo scenario aprirebbe la strada a una nuova era in cui l’oro non è più solo un asset difensivo, ma uno strumento centrale per la stabilità economica e geopolitica a lungo termine.