L’ascesa travolgente delle quotazioni dell’oro si è bruscamente arrestata con la vittoria elettorale di Donald Trump. Alla vigilia del voto, il metallo prezioso aveva toccato un record storico sfiorando i 2.800 dollari l’oncia, ma i risultati delle urne hanno invertito la tendenza, con una flessione che nella settimana conclusa il 15 novembre ha portato il prezzo spot a Londra sotto 2.550 dollari l’oncia, segnando la peggiore performance settimanale degli ultimi tre anni (-4%).
Questo ribasso riflette l’impatto di diversi fattori: in primo luogo, il rafforzamento del dollaro, salito ai massimi da un anno rispetto all’euro e ad altre valute, e l’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato americani, trainati da un approccio più prudente annunciato dalla Federal Reserve in merito ai futuri tagli dei tassi d’interesse.
Sommario
Il ruolo della Federal Reserve e le prese di beneficio
L’inversione di rotta dell’oro è stata ulteriormente aggravata dalle dichiarazioni del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, che ha confermato un orientamento più cauto rispetto alle aspettative di ulteriori tagli dei tassi d’interesse. Questo ha consolidato la forza del dollaro, rendendo l’oro meno attraente per gli investitori esteri.
Le prese di beneficio hanno poi amplificato la pressione sulle quotazioni. Secondo i dati della Commodity Futures Trading Commission (CFTC), le posizioni rialziste nette dei fondi speculativi sono scese ai minimi da oltre tre mesi, attestandosi a 197.362 contratti al Comex nella settimana del 12 novembre. Questa dinamica riflette un parziale disimpegno degli investitori che avevano approfittato dell’entusiasmo per il cosiddetto “Trump trade”.
Gli analisti, tra cui quelli della banca australiana ANZ, ritengono che la recente correzione dell’oro sia stata più intensa del previsto, ma che abbia comunque natura temporanea. La forza del dollaro, spiegano, è stata sovrastimata dai mercati, con i tassi di interesse attesi su livelli più alti del reale, influenzando negativamente il metallo prezioso.
Tuttavia, i fattori che tradizionalmente sostengono l’oro – come l’allarme inflazione, l’aumento del debito pubblico e l’instabilità geopolitica – restano pienamente validi, soprattutto in uno scenario politico globale incerto dopo l’elezione di Trump.
Il boom delle criptovalute e l’effetto “cambio di cavallo”
Un ulteriore elemento che sta drenando liquidità dall’oro è il boom delle criptovalute, con il Bitcoin che ha superato il record storico di 93.000 dollari. La vittoria di Trump ha favorito un orientamento politico pro-cripto, con collaboratori e senatori repubblicani come Cynthia Lummis pronti a proporre un disegno di legge per finanziare una riserva strategica di Bitcoin vendendo parte delle riserve auree statunitensi.
Queste notizie stanno incoraggiando alcuni investitori a preferire il Bitcoin all’oro come bene rifugio, innescando un fenomeno di “cambio di cavallo”.
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Prospettive future per il metallo prezioso
Nonostante la correzione recente, l’oro potrebbe ritrovare il suo slancio. Le incertezze legate alla politica fiscale degli Stati Uniti, alla crescita del debito pubblico e alle tensioni geopolitiche continuano a sostenere una domanda strutturale per il metallo prezioso.
Gli analisti rimangono prudenti, ma molti suggeriscono che l’attuale fase di debolezza potrebbe essere solo una pausa in un mercato ancora ben supportato dai fondamentali.