La riduzione del tasso di riferimento della BCE al 2,25% inizia a produrre effetti tangibili sui mutui a tasso variabile, che tornano a respirare dopo mesi di rincari.
Secondo le stime di Facile.it e Mutui.it, una rata media per un mutuo standard si riduce di circa 17 euro, passando da 640 a 623 euro. Se la tendenza al ribasso dovesse proseguire, entro la fine del 2025 la stessa rata potrebbe scendere fino a 598 euro, con un risparmio complessivo annuo di oltre 500 euro rispetto ai livelli attuali.
Un effetto che potrebbe alleggerire sensibilmente il peso dei finanziamenti per molte famiglie.
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Anche il tasso fisso torna competitivo
Non sono solo i mutui variabili a beneficiare della nuova politica monetaria. Anche i tassi fissi stanno mostrando segnali di discesa, con valori prossimi al 2,55%, ben lontani dal 4% registrato solo un anno fa.
Per un mutuo da 100.000 euro a 20 anni, ciò si traduce in una riduzione della rata mensile di circa 76 euro. Su un orizzonte di 30 anni, il risparmio sale a 81 euro mensili. Ancora più significativo l’effetto sui mutui di importo maggiore: per un finanziamento di 250.000 euro a 30 anni, la rata si riduce di oltre 200 euro al mese, equivalente a più di 2.400 euro all’anno.
I benefici sono più marcati sulle durate più lunghe, dove il peso degli interessi è strutturalmente più rilevante.
Il taglio del costo del denaro favorisce anche una maggiore accessibilità al credito per famiglie e imprese. I nuovi prestiti bancari risultano meno onerosi: il tasso medio sui finanziamenti alle imprese, secondo i dati della BCE, è sceso dal 4,3% di gennaio al 4,1% di febbraio.
Parallelamente, la dinamica dei prestiti mostra segnali di ripresa, con una crescita del 2,2% nello stesso mese.
Tuttavia, il contesto resta caratterizzato da incertezze: gli standard creditizi si sono leggermente irrigiditi nel primo trimestre del 2025, a causa delle persistenti preoccupazioni delle banche riguardo alla solidità economica dei richiedenti.
Nonostante il miglioramento delle condizioni di finanziamento, la domanda di prestiti da parte delle imprese ha mostrato una lieve flessione nel primo trimestre, invertendo il trend positivo registrato nei mesi precedenti. Il rallentamento potrebbe essere attribuito alla cautela delle aziende, ancora prudenti nel programmare nuovi investimenti in un contesto macroeconomico incerto.
Per sostenere pienamente la ripresa del credito, serviranno ulteriori segnali di stabilità sul fronte economico e geopolitico.
Il beneficio sui conti pubblici: meno interessi sul debito
Anche i governi traggono vantaggio dalla discesa dei tassi. L’avvio del ciclo di tagli da parte della BCE ha ridotto sensibilmente il rendimento dei titoli di Stato.
Il BTP decennale italiano, ad esempio, è sceso dal picco del 5% di fine 2023 a un minimo del 3,20% nel dicembre 2024. Questo calo ha permesso di alleggerire il costo del rifinanziamento del debito pubblico.
Secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio, il risparmio cumulato sulla spesa per interessi nel periodo 2025-2029 potrebbe raggiungere i 17 miliardi di euro.
Rischi dal mercato obbligazionario internazionale
Tuttavia, il contesto resta fragile. I recenti rialzi dei rendimenti dei Treasury americani hanno già avuto ripercussioni sui mercati europei, spingendo al rialzo anche i tassi dei BTP, risaliti al 3,65%.
Se le pressioni sui mercati obbligazionari dovessero intensificarsi, potrebbero ridurre o annullare parte dei benefici finora ottenuti. La sostenibilità del debito pubblico, pur in miglioramento, resta dunque strettamente legata all’evoluzione del contesto internazionale e alle prossime mosse della Federal Reserve.