La Banca Centrale Europea si trova a un bivio cruciale della sua politica monetaria. Dopo la riunione di marzo, l’istituto guidato da Christine Lagarde sembrava orientato verso una pausa nel ciclo di interventi, con i tassi d’interesse già attestati nella parte alta dell’intervallo stimato per i tassi neutrali.
L’eurozona stava beneficiando di un clima macroeconomico più favorevole, alimentato dalla svolta fiscale della Germania e dal crescente impegno europeo verso investimenti in sicurezza e difesa.
In tale contesto, una pausa sarebbe apparsa come una scelta prudente e coerente. Tuttavia, nuovi eventi globali hanno cambiato rapidamente le prospettive.
Il ritorno delle tensioni commerciali, in particolare con l’introduzione di nuovi dazi statunitensi nei confronti dell’Unione Europea e di altri partner commerciali, ha riacceso le preoccupazioni per la crescita dell’Eurozona nel breve termine. A questi fattori si sono aggiunti il rafforzamento dell’euro e il calo dei prezzi dell’energia, elementi che insieme contribuiscono a un contesto marcatamente disinflazionistico.
In questo scenario, la BCE si trova costretta ad abbandonare ogni esitazione e a proseguire con un taglio dei tassi già nella prossima riunione. Un intervento che, come sottolinea Carsten Brzeski di ING, rappresenterebbe un “taglio assicurativo”: una misura preventiva che non comporterebbe rischi, ma che eviterebbe il pericolo di un ulteriore e ingiustificato rafforzamento dell’euro, già ai massimi storici dal lancio dell’unione monetaria.
Con il taglio dei tassi ormai atteso, la BCE sarà chiamata anche a rivedere la propria comunicazione. Non potrà più limitarsi a dire che la politica monetaria sta diventando “meno restrittiva”, ma dovrà piuttosto spiegare che il tasso di deposito – al 2,25% – si colloca ora nell’intervallo dei tassi neutrali.
Guardando al futuro, due sono le sfide principali per l’istituto di Francoforte: da un lato, l’intensificarsi delle tensioni commerciali e l’elevata incertezza sui mercati potrebbero costringere la BCE ad andare oltre quanto inizialmente previsto nel ciclo di allentamento. Dall’altro, il continuo rafforzamento dell’euro nei confronti del dollaro e di altre valute rischia di aggravare ulteriormente la pressione disinflazionistica.
Per questo, anticipare questa dinamica e aprire – almeno a livello verbale – la porta a una politica monetaria più accomodante potrebbe diventare presto una necessità strategica.